Tante volte ho cambiato idea sul matrimonio almeno quante volte la terra gira intorno al sole.
Da piccola giocavo con il mio amico d’infanzia alla “famiglia”. Gli dicevo: “facciamo che io sono la mamma e tu il papà”. Non conoscevo, ovviamente, cosa fosse il matrimonio in quanto unione legittima dal punto di vista giuridico o sociale, pensavo all’unione familiare, allo stare insieme e al creare legami. Solitamente, nei giochi di un tempo, finivo sempre per cacciare mio marito perché non adempiva ai suoi obblighi familiari. In sintesi, non faceva mai quello che io gli ordinavo di fare. Però lui tornava sempre dopo e il gioco poteva ricominciare.
Crescendo, sui banchi di scuola, iniziavano i primi sussulti al cuore e ogni sguardo o relazione (anche solo univoca, essendo l’unica dei due a sapere dell’esistenza), sognavo ad occhi aperti il nostro sposalizio. Davanti all’altare, sotto gli occhi di Dio e alla presenza di un milione di invitati ci univamo in matrimonio.

foto di Dmitri Markine
L’immaginazione a dir poco squilibrata della mia mente arrivava addirittura all’enunciazione dei consensi del fantomatico sacerdote:
“M.I. (n.d.r. marito immaginario), vuoi prendere S. (n.d.r. Stefania) come tua sposa
promettendo di esserle fedele sempre,
nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia
e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?”
L’unione consacrata culminava, in perfetto stile hollywoodiano, con un bacio tale e quale, per intensità e passione, a quello tra Clark Gable e Vivien Leigh in Via col vento.

Via col vento
Dopo diversi matrimoni immaginari e quaderni in cui scarabocchiavo la mia firma con il cognome del mio presunto marito, ho affrontato l’argomento “matrimonio” seriamente, o perlomeno concretamente, con i miei ex.
Le idee che avevo sul matrimonio andavano e venivano confusamente. Passavo velocemente dal “Sì, lo voglio” a “il matrimonio è la tomba dell’amore” come una bimba cambia idea sul possesso del giocattolo con cui vuole divertirsi. La volubilità in tal senso predominava.
Col passare del tempo, e dei tempi, la mia idea di matrimonio ha preso forma. MATRIMONIO, NO GRAZIE. Non mi piaceva il pensiero di condividere la mia vita per l’eternità con un altro essere umano, né immaginare il deterioramento della coppia, silenziosa e imbambolata davanti allo schermo del televisore, seduta su poltrone impolverate. Per non parlare dei problemi, dei figli, del mutuo e della monotonia della ripetizione.
Anche la società, in fondo, ha fortificato le mie convinzioni. Sarà la difficoltà del vivere umano, saranno i cambiamenti della collettività che hanno visto un aumento esponenziale dei divorzi e un mutamento del vivere insieme come coppia che ha rafforzato la mia tesi. Che senso ha sposarsi in fondo se poi si tradisce, ci si lascia, si azzera la comunicazione e d’un tratto l’amore finisce? Ricordo ancora le chiacchierate con la mamma sui matrimoni falliti e sulle separazioni, sui tradimenti e sul ripiego dell’amore in convivenza. “Se va, va!”. Altrimenti pronte le valigie, si chiude la porta e si va avanti con il nuovo portone.
Un giorno, però, dondolando sull’altalena dei miei pensieri, ho semplicemente scelto di provarci e di credere nell’Amore.
Tra lo sguardo attonito dei miei e l’emozione dei suoi, ho ricordato quella foto in cui i miei nonni hanno festeggiato le loro nozze d’oro. Gli anni erano passati, la maggior parte della loro vita ormai era alle spalle, le rughe solcavano i loro visi, i capelli in meno facevano largo a fronti sempre più alte, eppure sorridevano e si tenevano la mano con l’emozione di due quindicenni che si guardano per la prima volta.
Ed è proprio così che mi piacerebbe vedermi.

50 anni d’amore
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