Io sto con la sposa! Potrebbe suonarvi come l’ammissione meravigliata della mia personale presa di coscienza nel focalizzare che stia per sposare la mia compagna… ed invece no.
Questa è una storia che avrei voluto raccontare qualche mese fa, ma tempo e concentrazione non vanno di pari passo ultimamente. Perciò eccovi persa l’occasione di diventare piccoli produttori cinematografici – tramite un crowd funding (per i più un’anglosassone colletta) – di un docufilm che sta attirando su di sé grandi attenzioni, tanto da cominciar a sentire il profumo di Venezia e i ruggiti di piccoli leoncini dorati.
E’ una storia che amo definire così come vien presentata: “Tanto fantastica quanto dannatamente vera. Un coraggioso atto di disobbedienza civile.”
Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry hanno ripercorso con delle macchine da presa l’incontro avvenuto a Milano nello scorso novembre tra un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano con cinque palestinesi siriani in fuga dalla guerra che attanagliava le loro vite, arrivati a Lampedusa con un viaggio di ultima classe a bordo delle loro speranze. I due decidono di aiutare il gruppo a tagliare l’Europa per arrivare in Svezia, la loro araba fenice. Per poterci arrivare però serve un piano che evitasse l’eventualità d’essere arrestati come contrabbandieri, ecco quindi l’idea: inscenare un matrimonio. Quale poliziotto di frontiera chiederebbe mai i documenti ad una sposa? Come sempre le idee più geniali hanno le sembianze di battute spiritose che però pian piano perdono di simpatia quando l’idea stessa incontra degli audaci complici. Così in ventitré ragazzi e ragazze si incontrano all’alba del 14 novembre 2013 davanti alla stazione di Milano Centrale, tutti/e in ghingheri come se stessero per andare ad un matrimonio per davvero. Da lì mille avventure e tante tappe, a cercar di ricaricare batterie in letti di gente che condivide lo stesso pensiero, passando per Marsiglia, Bochum, Copenaghen e finalmente Stoccolma.
Il film potrebbe addirittura vedere l’assenza dei registi in sala per la prima se fossero condannati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ciò è proprio quello che non ci auguriamo, sperando invece possano poter abbracciare di persona ogni singolo donatore che ha fatto sì che questa pellicola prendesse vita in tempo per potersi iscrivere al festival di Venezia. Così è stato!
In bocca al lupo ragazzi.