La domenica che sta per chiudersi non vuole proprio smettere di regalarci emozioni!
Una giornata intensa, che ci ha visti impegnati nella delicata scelta di assaggiare di tutto per optare la soluzione più accurata su quello che sarà poi il nostro menù di nozze.
Eppure, dopo quattro interminabili ore al tavolo, rientrando a casa si scopre un viso conosciuto a noi e ad Agostodelduemilaquindici, ospite da Fazio a Che Tempo Che Fa.
Cliccando qui il video dell’intervista al nostro caro ZeroCalcare.
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Felice Natale
WordPress ci dice che il nostro spazio a vostra disposizione illumina gli schermi di più città da dodici mesi, la cosa ci ha messo un po’ di fretta – visti i mille impegni nella nostra terra – nel trovare un modo per farci gli auguri con un post e allora ne approfittiamo per accomunare questa fantastica giornata di festa in famiglia con l’anniversario ben meno significativo sopracitato.
Una buona sana abbuffata, senza sprechi, che possa mettervi addosso un’energia mai avuta per affrontare al meglio il nuovo anno ormai dietro l’angolo!
Buon Natale e meraviglioso duemilaquindici.
Stefania e Francesco
Oggi sposi… al centro commerciale
“Scusi dove posso trovare il lievito di birra?” – “bancomat o carta di credito?” – “mi cambia 5 euro per il carrello?”. Domande da manuale per chi si destreggia fiero per le corsie di un centro commerciale. Che siate i ritardatari della spesa last minute o habitué del sabato al centro commerciale, queste domande vi lasceranno indifferenti. Gli shopping center di periferia sono diventati luoghi della socialità di quartiere per eccellenza, centri di raccolta non differenziata di una comunità senza più interessi, né identità. Senza scomodare Augè, che i centri commerciali rispecchino non luoghi è risaputo. Ma è ancora così? Il centro commerciale è sempre quello spazio neutro in cui le persone si muovono senza interagire tra loro o sono diventate le nuove piazze coperte dove gli incontri diventano appuntamenti? Capita di osservare adolescenti che si danno appuntamento per passeggiate e chiacchiere tra amici, anziani che si ritrovano davanti ai maxischermo o a leggere giornali. Una sorta di ritorno al passato: il ritrovo nella piazza, la via principale del passeggio e il caffè al bar. Basterebbe una chiesa per una trasposizione fedele e letterale dal villaggio al centro commerciale. E non siamo lontani da quel passo. E sì, perché se alle domande da manuale si dovesse aggiungere quella rituale da matrimonio, Augè dovrà ricredersi. E dovrà farlo presto perché in quel luogo di transito per eccellenza, sabato 18 ottobre, tra carrelli della spesa e tessere fedeltà, un certo Pierpaolo ha sposato la sua amata Alessandra. La trovata è nata da un’idea di Eurocommercial Properties e Larry Smith, proprietà e società di gestione del centro, anche sponsor dell’evento. Ed è per questo motivo che i due innamorati, operaio lui, precaria lei, sono convolati a nozze nel centro commerciale. A tratti kitsch e di cattivo gusto, per niente tradizionale e poco romantico, i due innamorati pur di sposarsi in grande stile hanno deciso di affidarsi agli sponsor. Tutta la cerimonia è stata finanziata a tal punto da permettere a Pierpaolo e Alessandra abiti di qualità e un viaggio alle Mauritius.
Gli invitati – e i clienti – si sono ritrovati alle 11 in piazzetta Ovest presso il Centro Commerciale. Ciò che è sfuggito alle cronache rosa è se gli ospiti abbiano preferito indossare un abbigliamento comodo per eventuale shopping post cerimonia o se dopo il sì si siano recati tutti quanti al fast food con tanto di foto ricordo nelle cabine automatiche delle fototessere… Scherzi e ironia a parte, l’avvenimento ci lascia un po’ d’amaro in bocca. E sì, perchè cedere la personalizzazione e le idee sul matrimonio, da sempre sognato, ai conti che proprio non tornano spinge due persone talmente in là da riuscir a trasformare l’altare in vetrina!
E voi? Vi sposereste al centro commerciale?
Cronache di una fiera andata a male
Tempo fa la mia migliore amica, Maria, tornando dall’annuale appuntamento fieristico dedicato alle spose, mi disse: “Stefania l’anno prossimo dobbiamo assolutamente andarci insieme”. Così dopo aver sfogliato decine e decine di riviste, navigato per ore su internet alla ricerca di uno stile che fosse adeguato alle mie esigenze, percorso strade che mi ricordavano l’evento grazie a enormi affissioni pubblicitarie, quel giorno è arrivato.
Ero già stanca di mio, colpa dello stress, del carico lavorativo e delle ore sfiancanti di tennis, e lo ammetto avevo letteralmente sonno. Mi sono lasciata sopraffare dalla disinvoltura delle “colleghe spose” e dai dettami e dalle reiterate domande delle hostess.
E’ tutto molto bello, tutto molto bianco, tutto molto patinato, tutti molto sorridenti, tutti molto gentili, tutti molto insistenti.
Ma cominciamo dall’inizio. Io e Maria ci incontriamo sulle scale del Palazzo dei Congressi, dopo averlo cercato e vagato per le strade dell’Eur per circa dieci minuti. Capiamo sin da subito che sarebbe stata una Caporetto.
Si aprono le porte di ROMA SPOSA (l’Anteprima perché quella “vera” e più “grandiosa” si svolgerà a gennaio). Il Palazzo dei Congressi è diverso da come lo ricordavo l’ultima volta, è diventato più femminile, più eccentrico. I padiglioni si dividono in stand che nascondono vere e proprie vetrine di atelier di abiti di nozze, agenzie viaggio, ristoranti, agriturismi. Tutte categorie merceologiche che si occupano del fantastico mondo delle nozze, dalle firme più prestigiose della moda e della fotografia, alla ristorazione e agli addobbi floreali. Un vero e proprio tiranno della speculazione economica, alla faccia del romanticismo!
Quel che ci colpisce immediatamente sono gli abiti da sposa, protagonisti principali della manifestazione fieristica. Ce ne sono di tutti i tipi: bianchi, rosa, gonfi, meringosi, pieni di strass e swarovski. Pizzo chantilly, organza, tulle e seta. Figlia di una sarta, povera mamma, conosco solo il cotone e la lana, non ho saputo apprezzare quei mille tessuti ai miei occhi tutti uguali. Ma non ero l’unica. Maria è messa peggio di me. (chi si piglia, si somiglia!)
Decidiamo di vedere una sfilata, Carnevali Spose, per entrare nell’atmosfera e sentirci fighe ascoltando i dettagli degli abiti che sfilavano in passerella, ma tutte le sedie erano già prese e optiamo per una stancante visione in piedi. Rimaniamo deluse perché non c’è nessuno a spiegare a noi ignorantone le raffinatezze stilistiche dei pregiati abiti da sposa che sfilano fluttuanti. La nostra attenzione viene attirata da due categorie di essere umano presenti alla passerella: le mamme delle spose e i fidanzati. Modelli stereotipati sin dalla notte dei tempi, i due mammiferi si muovono seguendo stili e utilizzando linguaggi diversi e settoriali.
Le mamme delle future spose sono sagge, veloci e ferree. Sedute in prima fila, indicano con fare nazista quale abito va bene e quale no. Dispensano consigli e non accettano domande stupide dalle loro figlie. Inorridiscono guardando le figlie delle loro simili pensando “mia figlia è più bella”. Le più attempate autoproducono del fresco sul loro corpo utilizzando dépliant arrangiati a ventaglio. Le più tecnologiche sfoderano l’ultimo smartphone a colpi di flash. Sono i critici peggiori. Non commentano solo i vestiti, ma anche i corpi delle modelle: non hanno “le physique du rôle”, sono troppo buzzicone. Nonostante tutto seguono l’etichetta e applaudono sempre alla fine di ogni sfilata.
Poi ci sono i fidanzati delle spose. Per far capire il prototipo è necessario fare un passo indietro: loro non pagano, acquistando un biglietto intero, entrano gratis. Inutile chiedersi il motivo. Nelle sfilate sono posizionati dietro tutti, disinteressati giocano con il proprio cellulare o guardano altre ragazze. Tra questi si distinguono gli uomini “ma sei sicuro d’essere eterosessuale?”, il cui comportamento si caratterizza per l’eccessiva dose di aggettivi e sulla richiesta ossessiva e compulsiva del beneplacito della propria fidanzata su ogni abito (a cui non piace nessun vestito) e gli uomini “sotto il vestito niente” il cui orientamento sessuale emerge immediatamente, esplicitato dalle parole “questa è proprio gnocca!”.
I piedi iniziano a far male e decidiamo di proseguire il nostro viaggio all’interno dell’esposizione. Ci colpiscono le bomboniere particolari, ci colpiscono i cosiddetti cake toppers (ce ne sono per tutti i gusti), ci colpiscono (letteralmente) le hostess con quei maledetti dépliant che alla fine della giornata diventano un malloppo troppo pesante da trasportare.
Avanziamo con fare da bradipo, allettate solo dall’idea di assaggiare qualche sfiziosità offerte dai servizi di catering. Nel mentre abbiamo tentato la fuga, scoprendo nostro malgrado che il percorso “a ostacoli” era praticamente obbligatorio. Per l’uscita bisogna seguire il percorso. E due ore dopo noi eravamo fuori. Finalmente.
Cosa abbiamo imparato da questa esperienza?
Innanzitutto che esistono una serie infinita di tessuti e avrò bisogno della mamma (sarta) per scegliere l’abito.
E’ pura sopravvivenza imparare a dire di no (alle hostess).
Che il fantastico mondo delle nozze non fa per me.
Che è indispensabile partecipare alle fiere riposati e svegli.
Ma, soprattutto, è fondamentale ricordarsi la data del proprio matrimonio…
“Ha già scelto la data?”
Impossibile cadere sulla prima è più semplice delle domande, ma io ci son riuscita!!!
Cosa faresti se potessi scegliere il tuo addio al celibato?
Cosa faresti se potessi scegliere il tuo addio al celibato? Il punto è questo, non puoi scegliere. A farlo per te, ci pensano i tuoi amici. Quelle persone che ti circondano da quando portavi i calzoncini corti, quelli che hanno condiviso la parte peggiore di te, quelli che conoscono i tuoi gusti, le tue passioni, i tuoi interessi, i tuoi segreti. E di solito negli addii al celibato e al nubilato si mettono in discussione anni e anni di amicizia vera e chilometri di asfalto percorsi insieme.
Non parlo di voi, cari amici, che cercherete di rendere indimenticabili i nostri addii, ma di altri amici, quelli che hanno fatto passare gli ultimi momenti da single dei futuri sposi, in questo caso britannici, all’insegna del trash e al limite della decenza.
Dougie Wallace, fotografo scozzese, ha immortalato i momenti più paradossali, estremi e assurdi degli addii al celibato e nubilato.
I suoi scatti, tra parrucche colorate, tulle e travestimenti, rivelano feste folli sicuramente indimenticabili.
Ecco a voi degli spunti, tutto ciò che lascia presagire alla vostra immaginazione questi scatti è tutto quello che dovrete considerare un punto di partenza… Purché non dimentichiate ciò che possa o meno divertirci!
Anche noi stiamo con la sposa
Io sto con la sposa! Potrebbe suonarvi come l’ammissione meravigliata della mia personale presa di coscienza nel focalizzare che stia per sposare la mia compagna… ed invece no.
Questa è una storia che avrei voluto raccontare qualche mese fa, ma tempo e concentrazione non vanno di pari passo ultimamente. Perciò eccovi persa l’occasione di diventare piccoli produttori cinematografici – tramite un crowd funding (per i più un’anglosassone colletta) – di un docufilm che sta attirando su di sé grandi attenzioni, tanto da cominciar a sentire il profumo di Venezia e i ruggiti di piccoli leoncini dorati.
E’ una storia che amo definire così come vien presentata: “Tanto fantastica quanto dannatamente vera. Un coraggioso atto di disobbedienza civile.”
Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry hanno ripercorso con delle macchine da presa l’incontro avvenuto a Milano nello scorso novembre tra un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano con cinque palestinesi siriani in fuga dalla guerra che attanagliava le loro vite, arrivati a Lampedusa con un viaggio di ultima classe a bordo delle loro speranze. I due decidono di aiutare il gruppo a tagliare l’Europa per arrivare in Svezia, la loro araba fenice. Per poterci arrivare però serve un piano che evitasse l’eventualità d’essere arrestati come contrabbandieri, ecco quindi l’idea: inscenare un matrimonio. Quale poliziotto di frontiera chiederebbe mai i documenti ad una sposa? Come sempre le idee più geniali hanno le sembianze di battute spiritose che però pian piano perdono di simpatia quando l’idea stessa incontra degli audaci complici. Così in ventitré ragazzi e ragazze si incontrano all’alba del 14 novembre 2013 davanti alla stazione di Milano Centrale, tutti/e in ghingheri come se stessero per andare ad un matrimonio per davvero. Da lì mille avventure e tante tappe, a cercar di ricaricare batterie in letti di gente che condivide lo stesso pensiero, passando per Marsiglia, Bochum, Copenaghen e finalmente Stoccolma.
Il film potrebbe addirittura vedere l’assenza dei registi in sala per la prima se fossero condannati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ciò è proprio quello che non ci auguriamo, sperando invece possano poter abbracciare di persona ogni singolo donatore che ha fatto sì che questa pellicola prendesse vita in tempo per potersi iscrivere al festival di Venezia. Così è stato!
In bocca al lupo ragazzi.
Wedding is coming – Il Matrimonio sta arrivando
Vuoi tu Daenerys Targaryen sposare il qui presente Jon Snow?
(tranquilli, nessuno spoiler in atto, anche perché non ho letto tutti i libri e ancora non ho ben intuito come andrà a finire la liaison tra la madre dei draghi e il figlio bastardo di Eddard Stark (buon’anima).
Nelle pagine splatter del dexteriano George R.R. Martin niente, al momento, fa presagire un’unione sacra tra i due protagonisti del romanzo Il trono di spade, ma due fan della saga sono riusciti a coronare il loro sogno in perfetto stile “game of thrones”. Non era halloween, né tanto meno una festa in maschera, ma il loro matrimonio! Darren Prew (37) e Kerry Ford (33) hanno giurato eterno amore nelle vesti, rispettivamente, di Jon Snow e Daenerys Targaryen, con tanto di cavalli bianchi e metalupi. Alla cerimonia – organizzata grazie a un concorso indetto dalla Blinkbox Movies – tra genitori, testimoni e damigelle, hanno partecipato “l’estraneo” e la bruta Ygritte in qualità di testimoni, Khal Drogo (il cognato), Melisandre (la mamma della sposa), Brienne di Tarth (la sorella dello sposo), Hodor (il padre della sposa), Catelyn Stark (la madre dello sposo). La coppia e i loro ospiti hanno trascorso nei “7 regni” 50 ore per trasformarsi nei loro personaggi preferiti grazie a un’équipe di truccatori e make-up artist.
Si spera, almeno, che il ricevimento non abbia seguito la trama delle Nozze Rosse.
I dieci luoghi comuni sul matrimonio #settimanamondialedelluogocomune
Spezziamo catene di Sant’Antonio, evitiamo in tutti i modi le nuove mode che impazzano sui social networks (vedi book nomination, Neknomination e tutti i possibili countdown associati alla pubblicazione di foto e post sulla propria vita personale), non partecipiamo a eventi virtuali. Ma ahimè ne siamo circondati e avere le fette di prosciutto sugli occhi (ALERT) non è da noi.
Si è appena conclusa la “settimana mondiale del luogo comune”, un gruppo su facebook che vuole ricordare frasi fatte, massime e citazioni talmente ovvie e banali da essere ben radicate in quello spazio neutrale della conversazione tra due esseri viventi elementari e privi di fantasia. Frasi di circostanza che rompono il ghiaccio (ALERT) e muovono l’aria evitando imbarazzanti silenzi.
Terminata questa settimana, volevamo sintetizzare qualche luogo comune sul matrimonio.
1. L’amore è cieco, ma il matrimonio gli rende la vista
2. Un matrimonio felice può esistere solo tra un uomo sordo e una moglie cieca
3. Il matrimonio è l’arte di risolvere problemi in due che da solo non avresti
4. Il matrimonio è la tomba dell’amore
5. Non sposarti per denaro, lo puoi prendere in prestito per molto meno
6. C’è almeno un matrimonio che rende un uomo felice: quello di sua figlia
7. In un matrimonio ben riuscito, uno dei due sposi ha sempre ragione e l’altro è il marito
8. Fate l’amore non la guerra. Se invece volete fare entrambe le cose, sposatevi
9. Le donne piangono il giorno del matrimonio. Gli uomini dopo
10. Il marito che vuole un matrimonio felice deve imparare a tenere la bocca chiusa e il suo portafoglio aperto
Ma la mia preferita resta la formula matrimoniale: «L’uomo non osi separare ciò che Dio unisce», che per l’occasione si potrebbe sostituire con: «Perdona loro, perché non sanno quello che fanno».
Il Marryoke. Venti d’oltremanica
Come ogni buona mania da importare nel nostro paese, anche in ambito marriage non riusciamo a fare a meno di osservare le mode anglosassoni. È proprio dall’UK, con importanti contaminazioni irlandesi ed USA, che nasce il Marryoke.
Letteralmente la fusione tra Marry (sposare) e karaoke – che ben conosciamo – è una adrenalinica spremuta dei filmati della giornata di nozze, montando gli spezzoni su di una specifica canzone e riprendendo sposi ed ospiti cantare singoli versi della canzone stessa in svariati momenti dell’evento.
Più facile a commuoversi ed infatuarsi con uno dei primi Marryoke Italiani che a spiegarsi…
Questo linkato c’ha davvero colpito per riuscita e gioia che trasmette, facendoci da subito innamorare di questa gran trovata dei fotografi d’oltremanica.
Per il resto, il sito http://www.marryokes.com lancia al mondo la trovata degli ultimi anni in ambito wedding.
A noi invece, non resta che scegliere la nostra canzone…
Divorzi all’italiana
La crisi del settimo anno non esiste più. I ferri corti arrivano al tredicesimo anniversario. Precisamente 13 anni e 6 mesi. Sarebbe questa la durata media di una matrimonio prima di un divorzio nella gran parte dei paesi dell’Ocse. Secondo l’Economist – che ha elaborato il grafic heart – i matrimoni più duraturi sono quelli italiani. Insomma, prima di dormire in letti separati e fare i conti con l’affido dei propri figli passano sedici anni. E non perché le mogli siano più pazienti e i mariti più romantici, ma solo perché le coppie nostrane preferiscono avere una relazione esausta ancora in piedi anziché dover sostenere le smisurate spese conseguenti alla separazione. E infatti sembra essere proprio questo il punto. Basti pensare che la separazione e il divorzio, nel Belpaese, rappresentano un percorso a ostacoli tanto interminabile quanto oneroso.
Negli States, dove impera lo stereotipo dell’individualismo e dell’impazienza, le coppie sono felici fino all’ottavo anno. Nel caldo Qatar, regno della poligamia, ci imbattiamo in un tasso di divorzio molto basso contrariamente alla durata media delle nozze che sembrano arrivare fino a poco più di cinque anni.
Riassumendo, 2,5 coppie europee su mille sono destinate al divorzio, 3,6 quelle nordamericane.
Conseguentemente all’inappropriatezza di sentirsi parte di una coppia vincente, i giovani son diventati più cauti nell’avvicinarsi al grande passo. Ecco quindi calare vertiginosamente il numero di scambio di anelli. Questo fenomeno non riguarda i paesi dell’est che sembrano vivere una nuova primavera economica. Cinesi e Russi convolano a nozze un minuto sì e l’altro pure!