Cosa cambia dopo il matrimonio

Ragazzi! Ne è passato di tempo dall’ultimo post e noi non staremo certo qui a spiegarvi le ragioni, a scrivere il perché della nostra lunga assenza, né perderemo tempo con scuse smielate o inutili giustificazioni. Il tempo è passato e noi lo abbiamo utilizzato al meglio. Ma ora siamo qui e basta co’ ‘sto F5 che lo avete consumato!

Ora, non dilunghiamoci troppo e arriviamo al punto: che cosa succede after the wedding day (L’inglesismo – lo spiegheremo, prima o poi – va di moda e noi, si sa, siamo international).
Tutti curiosi lì a chiedere cosa cambia dopo il sì. Porelli i colleghi che hanno dovuto attendere il congedo matrimoniale per sapere se è cambiato qualcosa. Le amiche te lo chiedono a ripetizione e se per caso becchi qualche conoscente al supermercato lo vedi fare lo slalom tra le vecchiette per fare l’unica domanda che a loro interessa. Insomma, hai speso tutti quei soldi, fatto spostare tutta quella gente, messo in moto una macchina organizzativa che manco il matrimonio di Kate Middleton, e mò, deve essere pur cambiato qualcosa nella tua vita!

Ad ogni modo, quel che conta è che siamo uniti in matrimonio e la tomba dell’amore bussa alla nostra porta. Ma noi ci siamo impegnati otturando la funzione uditiva delle nostre orecchie e i nostri parenti, cugini e amici hanno fatto il resto aiutandoci a ingannare il tempo. Dopo il giorno del matrimonio non sei mai solo! …MAI! Pensavamo che i momenti di intimità si interrompessero alla nascita di un bebè, quando il tempo vola via senza riuscir a combinare nulla durante la giornata. Ma, abbiamo constatato che stare soli è difficile. Complici le lunghe giornate di lavoro, il tempo di un abbraccio sul divano è ancora rinviato.

Cosa hanno fatto i coniugi Lentis in questi due mesi con i fine settimana sempre tutti pieni fino a Natale?

  • Lavorato (ovvio): da “2 cuori e una capanna” a “2 cuori sotto Ponte Garibaldi” il passo è breve!
  • Mangiato: sì perché dopo il matrimonio si organizzano cene, altri matrimoni, altre feste, altri incontri per parlare sempre e solo del matrimonio e per sapere se è cambiato qualcosa. E tutto ciò accade sempre ore pasti.
  • Ospitato ventenni: è stata dura, ma siamo riusciti a reggere 5 giorni con tre ventenni pieni di energie, energie, energie e ancora energie. Siamo orgogliosi di noi anche se risentiamo ancora dei postumi.
  • Viaggiato: No! Non si tratta del viaggio di nozze e sì, lo faremo, ma – come diceva Giucas Casella – quando lo dico io (in questo caso, noi).
  • Mostrato la nostra nuova casa: da buon Pugliese che si rispetti, appena entri in un nuovo appartamento devi far vedere la casa. La devi inaugurare: una sorta di debutto in società. E’ un passo obbligato e standard per tutti: l’ospite non fa in tempo a posare il soprabito che deve assolutamente fare un giro turistico tra il corridoio e il bagno passando per l’armadio a muro sul balcone che dopo anni di “vivo in 40mq” adesso te la sciali tutta e ti fai ganzo con gli unici due confort della casa.
  • Fatto vita mondana: aperitivi, cene, cinema, amici. Finalmente!
  • Fatto la guerra: veramente! Catapultati in una Kabul de noantri ci siamo sparati pallini a raffica, ci siamo letteralmente fatti male, metaforicamente uccisi, stupidamente divertiti. In una vera guerra io sarei morta al primo attacco, Francesco si sarebbe fatto notare anche da un cecchino cieco. Ma tutti ne siam venuti fuori con qualche livido in più rispetto a quando abbiamo imbracciato i nostri stupidi fucili anche se grandiosamente rilassati.

Dopo tutto questo trambusto però è arrivato il momento di dedicarci all’unico amico che abbiamo inappropriatamente trascurato: il nostro amato divano!

Trasloco non ti temevo!

Avevamo dieci giorni di tempo per cambiare casa. Lo avevamo deciso: facciamo le cose con calma, così non ci stressiamo. Gli imbianchini dipingono le pareti, puliamo casa, aspettiamo i mobili nuovi, facciamo i pacchi, una giornata di trasloco e rimettiamo le cose al loro posto. No stress!

Ma come tutti sanno, i programmi sono fatti per non essere rispettati e così, ora, abbiamo solo tre giorni per fare quello che avremmo potuto fare in dieci. Ma noi siamo tipi tosti e non ci facciamo abbattere dagli imprevisti. Scialla!

Riprogrammiamoci: due giorni per gli imbianchini e un giorno per pulire casa aspettare i mobili nuovi traslocare rimettere le cose al loro posto e sette giorni per fare pacchi (la mancanza di punteggiatura e la conseguente lettura tutta d’un fiato genera nel lettore il reale stato d’ansia creatosi). Vabbè sette giorni… a fare i pacchi non ci vuole nulla! Devi solo mettere 12 anni di vita romana e i suoi 9 di fiorentina/capitolina in un numero indefinito di scatoloni. E mentre inscatoli album e libri (in maniera cronologica, cromatica e di altezza) bussa il Signor Passato. Noooooooo… È la fine!

Avete mai provato a mettere il vostro passato in un pacco? So’ cazzi! Non è così semplice perché non ci vuole proprio entrare, ti ammalia e ti imbambola facendoti perdere tempo, tu hai programmato tutto alla perfezione, mentre il Signor Passato è lì che vuole farti ricordare i momenti della vita andata. Quella che non c’è più. E così pensi a tutto quello che è trascorso, finito, inscatolato in passati traslochi, impolverato.

Momento Amarcord.
Vecchi diari, vestiti passati di moda, occhiali da vista mai buttati, poi indossati per tornare in un attimo nella Pandina, dediche lasciate nelle pagine dei libri. E poi arriva lui: Fabio Volo. Finisce tutto in un attimo. Si torna a inscatolare, impacchettare, scocciare, chiudere. Soprattutto con Fabio Volo, salvato da una vicina nuova installazione di book sharing a dispetto della spazzatura, solo e soltanto per immaginare la faccia di merda che avrà chi aprirà la libreria di cultura comune. Il Pigneto (non) ringrazia.

Abbiamo deciso di passare gli ultimi giorni nel nostro appartamento, immaginando il nostro futuro e stilando liste. Ci piace tanto scrivere liste. In questi giorni ci siamo focalizzati su tutto ciò che ci mancherà, e non, dell’appartamento che per primo ci ha visti vivere insieme.

Cose che non ci mancheranno:
– 6 rampe di scale, 3 piani a piedi, 60 gradini da scalare tutti i santi giorni;
– le finestre senza balconi;
– il cane bisbetico della nostra vicina di casa;
– le scampanate a festa della chiesa di San Leone;
– l’amarezza che non sia stata una casa esclusivamente nostra;
– il bambino di dieci anni del primo piano che gioca tutto il giorno, tutti i giorni, alla Playstation con suo padre, tifa Milan e impreca in continuazione. Poi smette quando sua madre gli impreca di farla finita mentre suo padre fa pippa;
– il cane del dirimpettaio che piange perché solo.

Cose che ci mancheranno:
– l’anziana signora che dalla sua finestra, mentre ci rechiamo al garage, ci da tutti i giorni il ben svegliati con il suo “MA LI MORTAAAAAAAACCI TUAAA!!!”;

Photo by cristianoeilminotauro

 
– il nostro padrone di casa e la paralisi del suo sorriso;
– l’uomo nudo della finestra difronte;
– l’idea che questa rimarrà, sempre e per sempre, la nostra prima casa.